Gran Torino: trionfo della morale sulla violenza primordiale



Dopo 30 anni di carriera alla regia, e quasi 50 complessivi nel mondo del cinema a partire dal suo esordio di fatto nel grande cinema in Per un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone, Clint Eastwood continua a sorprendere pubblico e critica con film assolutamente originali e soprattutto molto provocatori, poichè spingono il pubblico a riflettere sui temi che Clint considera universali. Con lo stesso sguardo duro, impietoso e indagatore che è rimasto impresso in tutti coloro che lo videro come attore nei western di Sergio Leone, ancora oggi, anche se con lo sguardo del regista, Clint Eastwood continua ad analizzare temi e problematiche che non riguardano solo la società americana, ma la civiltà occidentale in generale. In Million Dollar Baby (2004), Eastwood aveva affrontato l'attualissimo tema dell'eutanasia con sguardo distaccato e disilluso, quasi pervaso da un pessimismo radicale
Ma già nel suo western Gli Spietati (1992), domina una visione pessimista della realtà, vista come governata dalla violenza, dalla legge del più forte, dall'avidità dell'uomo, la cui natura incline al male resta immutabile nella Storia. Ebbene, Eastwood, raggiunti ormai gli 80 anni di età, non si è affatto irrigidito nelle sue posizioni, ma anzi sembra che abbia ormai messo in atto un processo di evoluzione stilistica e tematica veramente originale, che tende ad unire una forma ''classica'', da film americano vecchio stampo, a contenuti contemporanei, quindi tematiche attuali e provocatorie. Gran Torino (2009), per il sottoscritto, rappresenta certamente il risultato migliore del cinema di Eastwood, almeno finora, l'apice della carriera da regista del protagonista di Fuga da Alcatraz. Il film si presenta innanzitutto come un'opera semplice, genuina, lineare, senza sbavature, un meccanismo armonioso delle varie vicende di un personaggio, un uomo, che, trovandosi nell'ultimo periodo della sua esistenza, deve rivedere e rivalutare il significato, le convinzioni e le scelte di una vita. Sostanzialmente pertanto, la vicenda che Eastwood vuole raccontare è la storia di una redenzione. Secondo questo aspetto, il film non potrebbe essere più classico, quindi legato ad una tematica che il cinema hollywoodiano dei tempi d'oro di Frank Capra, John Ford e Howard Hawks, aveva sviluppato compiutamente, da ricordare capolavori come Sentieri Selvaggi (1956) di Ford o Arriva John Doe (1946) di Capra. Gran Torino naturalmente, si presenta sì come opera legata al cinema americano classico, ma che allo stesso tempo rimane un prodotto del suo tempo, e  di conseguenza legato ai problemi della propria epoca. Infatti, il film si può dire caratterizzato da una descrizione estremamente realista della società americana multi-etnica, in particolare delle tensioni sociali nelle periferie delle grandi città americane, in cui convivono, ma per lo più si scontrano, asiatici di diverse etnie,italiani,afro-americani, etc. Viene rappresentata una realtà violenta e senza scampo per la povera gente che subisce l'indifferenza dello Stato, le cui conseguenze si presentano sotto forma di: alto tasso di delinquenza, spaccio di droga, estorsione, prostituzione e sfruttamento del lavoro minorile. Quindi, come ci si aspetta dal miglior Eastwood, tale descrizione si presenta scevra da qualunque tendenza alla ''mitizzazione'' e, ancor più, alla mistificazione dei fatti. Ma lo scopo (più che esplicito) del film, non si limita assolutamente alla presa d'atto di una realtà degradata, al semplice raggiungimento della consapevolezza della naturale e istintiva tendenza dell'uomo alla violenza e alla sopraffazione dell' altro, del concetto hobbesiano dell' ''homo homini lupus'' ('' l'uomo è un lupo per l'uomo''). Infatti, come già specificato prima, il film è la storia delle redenzione di un uomo, il che presuppone sì l'accettazione di una natura umana inevitabilmente peccatrice, ma anche uno spiraglio di speranza che si trova nell'uomo stesso
La vicenda è ambientata nella periferia di una cittadina americana del Midwest ai giorni d'oggi, e Walt Kowalski (Clint Eastwood), ottantenne scorbutico, veterano della guerra di Corea, ex operaio della Ford, conservatore e tradizionalista, animato da un forte razzismo, è rimasto vedovo. I suoi figli e i suoi nipoti lo odiano, ma sono contraccambiati dal vecchio Walt. La più grande passione di Walt è la sua macchina sportiva d'epoca, una Ford Gran Torino del '72, un vero gioiello. Da un po di tempo una famiglia hmong (etnia originaria della Cina, Vietnam e Thailandia) si è trasferita proprio vicino casa sua. All'inizio fra i hmong e Walt non si instaura alcun rapporto, ma tutto cambia quando il vecchio ex veterano salva il giovane hmong Tao dalla gang del cugino, che aveva tentato di portare sulla cattiva strada l'impacciato, ma onesto, ragazzo. Walt comincerà così a frequentare più spesso la casa dei suoi vicini asiatici, grazie all'insistente e coraggiosa sorella di Tao. Walt prima con diffidenza, ma col tempo sempre più, comprenderà di avere molto più in comune con gli hmong che con i suoi parenti. L'impacciato Tao inoltre, viene mandato dalla famiglia a lavorare presso Walt, soprattutto per rimediare al tentato furto della Gran Torino del vecchio, quando la gang del cugino aveva tentato di fargli compiere una sorta di ''iniziazione''. Walt comincia a far fare piccoli lavoretti al ragazzo, cerca di farlo ''diventare un uomo'', come afferma Walt stesso, gli insegna il valore del rispetto reciproco, del lavoro onesto e anche ad arrangiarsi nelle situazioni difficoltose della vita; gli insegna anche il mestiere dell'operaio edile, trovandogli lavoro in un cantiere, gli compra gli attrezzi e all'occorrenza gli presta i suoi. Il ragazzo lava spesso la Gran Torino di Walt. Da impacciato, maldestro e timido ragazzo, Tao riuscirà ad acquisire fiducia in se stesso e nelle sue capacità grazie al carisma e all'energia di Walt, che ,in compenso, attenua il suo carattere scorbutico e ''leggermente'' razzista grazie all'amicizia con Tao e i suoi familiari hmong. Ma la gang del cugino di Tao non si arrende ancora, e così i delinquenti pestano il povero ragazzo. Walt, per vendicare Tao, massacra di botte un membro della gang di Spider, il cugino di Tao. Ma purtroppo ''sangue chiama sangue'', e così Spider e i suoi controbattono nel modo più barbaro, stuprando  la sorella di Tao. Tutti a questo punto, si aspettano una reazione violenta e sanguinaria da parte di Walt contro la gang, una spedizione punitiva come sarebbe normale attendersi da uno come lui, Tao stesso pretende una vendetta inesorabile. Ma è a questo punto che Walt stupisce tutti. Il vecchio si presenta solo e disarmato davanti alla casa di Spider, piena di gente armata fino ai denti, e così il vecchio, facendo il gesto di prendere la pistola prende in realtà l'accendino, e cosi si fa uccidere volontariamente, crivellato dai proiettili dei delinquenti, ma di fronte a molti testimoni. All'arrivo di Tao, Spider e tutta la sua gang sono già stati arrestati. Alla lettura del testamento di Walt, che aveva scritto nel giorno fatidico, ormai consapevole della fine imminente, si scopre che l'uomo aveva lasciato la sua casa alla Chiesa, e la sua preziosa Gran Torino a Tao. 
Gran Torino, come ci si aspetta da un grande film, tratta all'interno di una storia semplice e lineare, delle tematiche veramente universali che vengono affrontate con grande sensibilità e umanità. Walt, interpretato da un superbo Eastwood, è naturalmente il personaggio chiave per la comprensione del messaggio del film. Il protagonista infatti, attraversa un cambiamento morale radicale, in cui risulta evidente il conflitto interiore, presente in ogni uomo, fra ragione e istinto. Evidenziando l'innegabile duplicità della natura umana, Eastwood mostra come un uomo possa riuscire a sottomettere l'impulso, il conatus, che lo porta a sopraffare gli altri mediante la violenza, ad una istanza superiore: cioè la ragione, che è invece portatrice e, kantianamente, creatrice della legge morale. Walt, uomo che spontaneamente era portato all'uso della violenza per risolvere qualunque conflitto, capirà che obbedire a quest'impulso naturale significa causare una catena di violenza inesorabile. Infatti, la sua vendetta su un membro della gang di Spider, causerà lo stupro della sorella di Tao. Walt dà un  segno radicale di discontinuità: egli spezza la catena di violenze agendo secondo una moralità ferrea e,soprattutto, disinteressata. Non c'è altro scopo se non l'azione buona in se stessa nel sacrificio finale di Walt: sostanzialmente, è l'intenzione dell'azione e non il risultato a rendere l'azione di Walt universalmente reputabile come giusta. La scelta di Walt di non voler continuare la sua battaglia personale contro la gang, rende evidente la sua completa consapevolezza che per fermare la violenza bisogna riconoscere la dignità umana in ciascun uomo, anche nel più malvagio, considerando ''l'umanità nella tua persona e nella persona di ogni altro'' , come afferma Kant nella Critica della ragion pratica. Da questa riflessione, emerge lo scopo didascalico del film: lo spettatore, come Tao nel film, è portato a credere che Walt/Clint debba compiere una vendetta inesorabile armato di doppietta e 44 magnum, compiendo una carneficina come ai vecchi tempi de Il buono, il brutto, il cattivo; chi non l'ha creduto, e forse, anche sperato intensamente vedendo il film? Ciò invece non accade, Clint supera lo stereotipo, il mito del suo stesso personaggio, preferendo piuttosto mostrare un'altra strada allo spettatore, che può essere inusuale, contraria al ''senso comune'', addirittura considerata da folli, ma che proprio per questa difficoltà nel poterla percorrere, può essere veramente definita come l'unica via affinchè la vera giustizia trionfi sulla violenza primordiale. Clint si sarà probabilmente ispirato a uno dei massimi capolavori del cinema classico hollywoodiano, cioè il western Mezzogiorno di Fuoco (1952) di Zinnemann, in cui uno sceriffo (Gary Cooper) affronta,obbedendo alla sua moralità e senso di giustizia, una banda di delinquenti, nonostante tutti gli abitanti della cittadina, gli amici e la moglie stessa lo abbandonino, non condividendo la sua scelta. Ma il personaggio di Walt, rappresenta non solo un ideale di redenzione individuale, ma anche il passaggio ( sempre ideale) nell'uomo americano, ma occidentale in generale, dal razzismo e dalla xenofobia efferata, alla convivenza pacifica con tutte le etnie. Per concludere, Gran Torino rappresenta nella carriera di Eastwood il passaggio da un cinema che esprimeva una visione profondamente pessimista della realtà (Gli Spietati o Million Dollar Baby), ad un cinema che vede nell'uomo una profonda esigenza, quasi un ansia, di giustizia e di valori positivi, a dispetto di qualunque brama di potere o egoismo. Il film è veramente un gioiello raro nel panorama del cinema americano, un piccolo, grande capolavoro, che possiede tutte le potenzialità per divenire un classico.

di Andrea Raciti


VOTO: *****

Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Nick Shenk
Produzione: Clint Eastwood, Bill Gerber
Interpreti principali: Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley
Genere: Drammatico
Anno: 2008

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