Loro 1, ovvero il dramma dell'amicizia











Ritornare a recensire, dopo diversi mesi di silenzio, è un'attività carica di un certo fascino. E, quando il fascino deriva da un istinto demolitore, in certi casi, è doveroso rispettare questo istinto, non rifuggendolo, ma assecondandolo con gioia.
 Bene, assecondiamo dunque.


Paolo Sorrentino: quanto si è giustamente elogiata l'opera del cineasta napoletano? Spesso ci siamo sperticati in lodi munifiche, anche su questo blog. Nel 2013, quando ancora La Grande Bellezza non aveva ricevuto lo stra-meritato Oscar al miglior film straniero, in questo sito (e in tanti altri siti del magnifico bosco dell'underground) si riconoscevano i grandissimi meriti del film. Quando il film vinse l'Academy l'anno successivo, in Italia partirono i missili delle lodi unanimi a tutto spiano, un po' dovunque, per poi venir dimenticate poco dopo, a causa della sciagurata trasmissione del film su Canale 5 (come si può godere un film simile con stacchi pubblicitari ogni 10 minuti?). 
In buona sostanza, al netto del cattivo gusto italiota, chi scrive ammira Sorrentino, il suo stile, la sua "poetica" e il suo attore-feticcio, Toni Servillo, uno dei più grandi attori italiani viventi. 
Ma torniamo al presente. Parliamo dell'ultimo film: Loro 1.


Il progetto Loro è connotato, anche solo su un piano strettamente teorico oltre che pratico, da un enorme potenziale di rischio artistico. Il film vuole trasporre sullo schermo alcune vicende riguardanti Silvio Berlusconi e il suo entourage durante la "golden age" del bunga bunga, delle "cene eleganti", delle olgettine, e via dicendo. Prima dell'inizio del film, una citazione di Giorgio Manganelli compare sullo schermo: "Tutto documentato, tutto arbitrario". Inoltre, ci vien detto che il film sarebbe da intendere come "libera reinterpretazione" di alcune vicende reali. Sono le due avvertenze che Sorrentino dà allo spettatore esplicitamente prima che questi si dia alla visione del film. Certamente, queste stesse "avvertenze" hanno accompagnato il regista durante l'ideazione e la lavorazione del film: sono l'espressione del'immenso rischio artistico (non politico) che Sorrentino si è assunto e di cui egli rende partecipe lo spettatore.

Illusione che pervade la realtà storica fino a deformarla, ciò che è documentato diviene materia grezza per un mago della comunicazione di massa: Berlusconi. Questa sarebbe l'idea centrale del film, almeno astrattamente.
Rappresentare Berlusconi, anche se inteso come simbolo di decadenza, risulta, tragicamente, un obiettivo che il cinema di Sorrentino non riesce a perseguire. Le fondamenta sono troppo fragili, troppo "arbitrarie", appunto. Il film si basa su una commistione di diversi elementi, tipici del cinema di Sorrentino, di cui in questo film viene fatto abuso. Il regista pretende di mascherare la totale mancanza di ispirazione con un becero e ostentato simbolismo. Come infatti mascherare ed edulcorare, al contempo, una massa di scene dove tutto ciò che viene rappresentato sullo schermo viene banalizzato da uno sguardo incapace di reale partecipazione emotiva? Non vi è nemmeno umorismo in questo film, perchè non padroneggiando affatto la materia, Sorrentino non è in grado neanche di conferirgli un'immagine grottesca. Immediato sorge il paragone con Il Divo, in cui invece ogni gesto del Servillo-Andreotti, ogni primo piano e dettaglio, sono pervasi dal grottesco, che promana come un fetore ammaliante e respingente dal cadavere putrefatto del Potere, incarnato da Andreotti e dalla sua cerchia. In Loro 1, tutto l'opposto. Sorrentino si arrende alla baraonda di fattarelli di favori sessuali e giri di droga e prostituzione senza un vero sguardo poetico sulle vicende narrate, l'unico che avrebbe salvato il film dalla tremenda idiozia della cronaca di basso livello che Loro 1 narra. Lo sguardo poetico de La Grande Bellezza ad esempio, film stracolmo di meravigliose scene erotiche, di eccessi e spudoratezza, intrise di un disincanto che esprime quel distacco insanabile tra la bellezza agognata ( gli "incostanti sprazzi di bellezza"...) e la realtà meschina, lurida, mortificante ("l'uomo miserabile"). Questo era lo sguardo del poeta Sorrentino. Nell'ultimo film invece, l'estetica della decadenza si autocompiace, senza ritegno, scadendo nel "cronachismo", l'annoiata elencazione di fattarelli e di storie di personaggi che sembrano come posseduti dallo "spirito berlusconiano", che per Sorrentino, a quanto pare, si esaurisce nella mera ossessione per l'eccesso. Non indaga oltre: al regista non sembra interessare molto l'oggetto del suo film. 
Si diverte però Sorrentino, anzi, si compiace, nell'affollare di simbolismo pretestuoso e incosistente il film. Pretestuoso, perchè incosistente. Incosistente, perchè pretestuoso. Mi spiego. I pretesi simboli presenti nel film risultano palesemente innestati "ad hoc".
Ricordano molto gli "spiegoni" delle  serie tv, in cui bisogna far dire ai personaggi della storia ciò che sta succedendo o, peggio, il significato dei fatti narrati. Non so come altro spiegarmi altrimenti la scena della pecora che rimane morta stecchita a causa dell'aria condizionata portata a 0° gradi! O risulta eccessivamente palese il significato, oppure, magari proprio lo spettatore più superficiale, la riterrà quanto visto una scena inutile (e in tal caso dovrei dare ragione a quest'ideale "spettatore superficiale"!). In ogni caso, i simboli sorrentiniani di questa pellicola non nascono affatto in maniera naturale dalla successione di immagini e di domande che si susseguono durante il film (come accadeva magistralmente ne La Grande Bellezza), ma al contrario, sono arbitrari e artificiosi, privi di qualsiasi spessore. Al massimo, sono interpretabili come una strizzatina d'occhio a certi critici. Contenti loro... 

Per chiudere, andiamo al dato che ha ispirato il titolo di questa recensione: "Loro 1, ovvero il dramma dell'amicizia"
L'interpretazione di Servillo è l'estremo sacrificio ad un'amicizia e collaborazione artistica di altissimo livello. Non basta la presenza del protagonista di tanti suoi film a salvare Sorrentino dall'assenza di ispirazione che inficia l'origine di Loro. Servillo non è adatto ad interpretare Berlusconi. Non perchè non sia capace di interpetarlo fedelmente, anzi, lo rende in maniera troppo realistica. Il Berlusconi di Servillo è una macchietta, una caricatura non riuscita, che nasce già morta, uccisa dall'immagine del vero Berlusconi, che è gia caricatura di se stesso, cangiante, fluida, tragicomica. Di fronte alla figura "reale", ossia mediatica, di Berlusconi, quello di Servillo risulta una pallida imitazione, triste perchè innocua, inoffensiva, che sembra fuoriuscita - o forse evocata- da un articolo scandalistico del 2009 o del 2010. Un'immagine datata, che non dice niente di più di quello che già sappiamo. Servillo si è dimostrato fedele collaboratore e amico di Sorrentino, ma stavolta lo ha seguito verso una catastrofe.

Aspettiamo Loro 2, per vedere come si svolgerà il resto della storia. D'altronde, chi scrive non pensa di aver fatto i conti senza la suocera. E' legittimo poter dare un giudizio sul primo capitolo: se la produzione e Sorrentino stesso hanno preferito dividere il film in due parti, risulta logica conseguenza ammettere un giudizio su ciascuna di esse. Posto che sarà ovviamente possibile anche un successivo "giudizio unificato" sull'intero film, dopo che il 10 Maggio potremo vedere la seconda parte.


Andrea Raciti   



 







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La Grande Scommessa: l'anti Wolfie?







Dal 2008 in poi il cinema americano si è interessato fortemente, molto più che negli ultimi 50 anni, al tema del potere finanziario. Abbiamo avuto, per citare solo i più famosi, il ritorno inatteso di Gordon Gekko nel sequel di ''Wall Street'', ''Cosmopolis'' di Croneberg e naturalmente ''The Wolf of Wall Street'' di Scorsese,capolavoro magniloquente quanto barocco nella sua critica radicale (che solo pochi hanno compreso) al mondo della finanza. ''La grande Scommessa'' di Adam Mckay può definirsi invece, serenamente, ''l'anti- Wolf of Wall Street''. Nel narrare la vera vicenda di alcuni investitori che nel 2005 capirono che nel giro di un paio d'anni il mercato immobiliare americano sarebbe crollato, agli sceneggiatori e al regista non interessa la spettacolarizzazione e la rappresentazione estrema del favoloso ambiente della finanza. Tutt'altro: si cerca di spiegare in maniera analitica e a volte con metafore ai limiti della comicità le cause del crollo, senza compiacimento, realisticamente. Ma questa è solo la superficie di ciò che viene mostrato. Gli investitori protagonisti del film, che dopo averne avuto solo il sentore, hanno la certezza del crollo non solo del mercato immobiliare americano, ma dell'intero sistema economico americano, sentono di essere posti di fronte ad una scelta che, in realtà, hanno fatto sin dall'inizio: speculare sul crollo imminente o restare inerti? In realtà, come detto, la scelta è già stata compiuta sin dall'inizio, il contrasto tra cinismo e tensione morale, rimane in realtà allo stato di dubbio, perchè nonostante alcuni dei protagonisti siano severamente critici nei confronti del sistema di cui sono parte integrante, sono rassegnati alla necessità degli eventi di cui sono fermamente convinti. Un film onesto quindi, una black comedy che adotta il cinismo come metodo per l'inchiesta, che ha come modello il grande cinema d'impegno civile di Billy Wilder, soprattutto ''L'asso nella manica''. Christian Bale e Steve Carrell sono in stato di grazia, tanto si trovano a loro agio nei panni dei loro personaggi che rimane un mistero individuare il vero attore protagonista del film. Ottimi come comprimari Pitt e Gosling. Il film meriterebbe una cascata di premi e riconoscimenti vari a parere di chi scrive, ha avuto diverse nominations ai Golden Globes (tra cui Carrell e Bale) , non vincendone nessuno. Vediamo cosa accadrà oggi pomeriggio per le nominations agli Oscar. Da un lato speriamo che il film venga premiato come merita, ma dall'altro, forse, da opera culturalmente e politicamente scomoda qual è come lo fu il suo modello ''L'asso nella manica'', anche l'assenza di riconoscimenti importanti gli renderebbe onore.  


Voto: *****



di Andrea Raciti

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Cosmopolis: lo spettro del capitalismo secondo Croneberg













di Andrea Raciti

In''Cosmopolis'' (2012), scritto e diretto da D. Croneberg, c'è tutto il vuoto morale ed esistenziale che ci si può aspettare, forse anche di più. ''Uno spettro si aggira per il mondo'', ed è il capitalismo, racchiuso metaforicamente nella persona di Eric Packer (interpretato da R. Pattinson). Packer nella visione di Croneberg sarebbe la metafora del sistema finanziario globalizzato: Eric è senza emozioni, nè sentimenti, nella sua onnipotenza addirittura stupido perchè non è sfiorato dalla realtà e non comprende le persone intorno a lui, ma vive nell'astrattezza teorica in cui ''c'è solo il futuro'', come gli ricorda una delle sue consulenti. Il film si svolge quasi interamente nella immensa limousine di Packer, blindata e totalmente insonorizzata: l'isolamento dal mondo esterno è totale. Nonostante ciò, Packer decide volontariamente di gettarsi nelle braccia del suo peggior nemico, forse, con l'intenzione di morire, per dare un significato reale alla sua vita. ''Cosmopolis'' è un film molto dialogato, eccellente da questo punto di vista, è anche un'opera claustrofobica, oscura e ambigua esteticamente e narrativamente. Una pecca? Robert Pattinson protagonista nei panni di Packer. Forse, Croneberg avrebbe potuto scegliere un interprete più adatto al ruolo, che Pattinson ha reso al di sotto delle aspettative di ambiguità e tragicità che sono connaturate al personaggio di Packer. Un grandissimo Paul Giamatti risolleva la situazione nel finale dal punto di vista del cast, regalando un'interpretazione magistrale. In conclusione, ''Cosmopolis'' è un ottimo prodotto, con grandi (forse troppo a tratti) ambizioni filosofiche e socio-politiche, che ci restituisce un grande Croneberg, come non si vedeva dai tempi di ''A History of violence'' del 2005. 

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Interstellar: trailer









Interstellar di C. Nolan sembra promettere molto e noi come al solito siamo ottimisti. Uscita fissata per il 6 novembre 2014.


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Nymphomaniac: il (non) porno di Von Trier



















di Andrea Raciti


In realtà non c'è molto da dire su questo frutto dell'eclettismo e della genialità perversa del cineasta danese più famoso degli ultimi anni. Pubblicizzare questo film come un'opera pornografica ''di qualità'' è stata una spudorata menzogna, che è stata parzialmente attenuata dal fatto che i produttori e il regista hanno annunciato che la versione uscita quest'anno è censurata in moltissime parti, per cui la versione ''director's cut'', munita di altre scene con attori hard professionisti uscirà successivamente a quanto si dice . Ma a parte questo, la menzogna a fini pubblicitari sulla natura del film rimane. In realtà si tratta di un ''ordinario'' film di Von Trier che per la pesantezza narrativa che lo caratterizza può risultare avulso allo spettatore medio, attirato in sala solo perchè si è fantasticato in giro di un porno ''totale'' realizzato da un regista nordico un po' psicopatico. La divisione in due parti è stata un'ulteriore offesa al film che, per essere apprezzato pienamente al cinema, va visto integralmente. Detto questo, a parere di chi scrive, Nymph()maniac nel suo complesso è un ottimo film, migliore anche dei precedenti Melancholia e Antychrist. Ciò che lo rende un film più che discreto è dato da tutti gli elementi che non lo rendono affatto un porno. Senza rivelare nulla sulla trama, questo film non rappresenta una serie di scene di sesso fine a se stesse, non c'è una mera rappresentazione del sesso per dare allo spettatore un piacere senza un messaggio, una finalità che non vada oltre il piacere stesso: anzi, di piacere non ce n'è per niente. Il film è quasi una seduta psichiatrica, in cui i fatti narrati vengono trattati come una patologia psico-fisica abnorme, sovrastati da sensi di colpa immani e guardati con un senso morale tanto pervasivo da diventare anche urtante, pesante, ma indispensabile al messaggio che l'autore vuole trasmettere. Se si guarda alla materialità delle scene, sono pochissime, nelle due parti in cui il film è diviso, quelle non simulate, ma su tutte incombe sempre lo spettro dell'analisi morale,psicologica e addirittura teologico-metafisica di tutto quanto viene raccontato dalla protagonista del film, volendo tralasciare i momenti in cui si trovano anche strane analogie matematiche! Le rarissime scene erotiche non simulate si perdono e si annullano in questo contesto molto macchinoso,facendo capire dopo la prima mezz'ora che di porno, naturalmente, non ce n'è traccia. Invece si tratta di un altro grande film drammatico, non un capolavoro, di Von Trier, in cui la fanno da padrone la regia non tradizionale, con la telecamera a spalla che rende le inquadrature mobili, alcuni grandi interpreti e soprattutto la fusione magnifica di immagini e colonna sonora (dai Rammestein a Bach) che dà una carica evocativa non indifferente, come in quasi tutti i film del danese. 
Avendo sgombrato il campo dalle idiozie pubblicitarie sul presunto porno, alimentate (furbescamente) anche dal regista in parte, il giudizio sul film è complessivamente positivo.

Voto: ****



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Classifica dei migliori film comici secondo ''THE FINAL CIAK!''







Classifica con i video delle scene più divertenti di ciascun film!




1) Il Grande Dittatore  di Charlie Chaplin (1941)





2) L'Armata Brancaleone di Mario Monicelli (1966)





3) Frankenstein Junior di Mel Brooks (1967)






4) Fantozzi di Luciano Salce (1971)






5) Lo chiamavano Trinità di Enzo Barboni (1970)






6) L'uomo che fissa le capre di Gran Heslov (2009)





7) Borat di Larry Charles (2006)





8) Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) di Woody Allen(1972)




9) M*A*S*H di Robert Altman (1970)





10) Lo scoiattolo di Ernst Lubitsch (1921)

purtroppo youtube non contiene alcuna scena di questo piccolo capolavoro del cinema tedesco!

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Consigli dal ciak!- luglio 2014







Ecco le ultime uscite cinematografiche consigliate da ''THE FINAL CIAK!'' 





Apes Revolution- Il pianeta delle scimmie




Uscita prevista per il 30 luglio 2014.
Consigliato ai fans della fantascienza, in particolare a chi ha apprezzato e apprezza ancora il ciclo aperto nel 1968 con ''Il pianeta delle scimmie''. Ma ''Apes revolution'' è il sequel de ''L'alba del pianeta delle scimmie'' uscito nel 2011, che propone una nuove versione della storia aprendo di fatto una nuova saga. 





Anarchia- La notte del giudizio







Uscito il 23 luglio 2014.
Sequel de ''La notte del giudizio'', è un thriller-horror intelligente e ben congegnato nei tempi dell'azione grazie ad un'eccellente regia. Il film è stato ampiamente recensito sul blog nel post immediatamente precedente a questo.





Il buono,il brutto, il cattivo



Uscito il 18 luglio 2014. Ridistribuito eccezionalmente nelle sale cinematografiche il western all'italiana capolavoro del maestro Sergio Leone, uscito nel 1966. Il film, recensito sul nostro blog, chiude la ''trilogia del dollaro'' di Leone.





                                                         
                                                          Duran Duran- Unstaged

                                          



Uscito il 24 luglio 2014.
E' il documentario musicale diretto da David Lynch, girato dal grande regista 2 anni fa durante il concerto dei Duran Duran al Mayan Theatre di Los Angeles. Oltre alle riprese del concerto, vi sono sequenze in cui degli attori recitano sullo stesso palco durante la medesima esibizione della band, alternate a varie animazioni ed effetti speciali. 

















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