Psyco: la purezza dell'arte del ''brivido''



Sono pochissimi quei cineasti il cui nome è associabile all'idea stessa di cinema. Tanto costoro hanno contribuito all'innovazione del linguaggio cinematografico, raggiungendo vette artistiche, tecniche e ,in certi casi, poetiche, che le loro opere sono diventate gli elementi costitutivi e basilari della settima arte. Da molti considerato il più grande genio cinematografico mai esistito, Alfred Hitchcock (1899-1980) rispecchia assolutamente il modello ideale di regista. In particolar modo, quando si parla di thriller, gialli, film di spionaggio e anche horror, dovrebbe risultare naturale a intenditori e non, fare riferimento a capolavori come Intrigo Internazionale (1959),  Notorious (1946), La  Finestra sul Cortile (1954) e,naturalmente, Psyco (1960). Nel 1959, sembrava che Hitchcock avesse raggiunto l'apice della carriera, avendo già firmato una serie di capolavori praticamente ininterrotta, da Rebecca, la prima moglie (1940) a Notorious, fino all'osannato La Donna che Visse Due Volte (1958), oltre alle pellicole già citate prima. Ma nel 1959 Hitchcock compra i diritti di un romanzo di genere thriller di Robert Block che si intitola Psycho, e decide di volerne fare la trasposizione cinematografica. Questa è la genesi del film thriller-horror che ha maggiormente influenzato la quasi totalità dei film horror e thriller successivi, oltre che uno dei maggiori capolavori del ''Maestro del brivido''. La trama è assolutamente semplice e lineare: Marion, segretaria di un agenzia immobiliare, ruba 40 000 dollari depositati da un cliente all'agenzia per cui lavora, e fugge in macchina. Durante una giornata di pioggia la donna giunge in un motel sperduto, gestito da uno strano giovane, Norman Bates, introverso e inquietante. Norman sembra attratto dalla giovane donna, momentaneamente unica cliente del motel, e le chiede di cenare con lui. Ma la madre iper-protettiva di Norman, che a quanto dice il figlio non può uscire perchè molto malata, lo chiama in casa per dirgli che non vuole che stia con un'altra donna. Marion assiste alla lite dall'esterno, vedendo in lontananza le sagome di Norman e della madre seduta. Dopo la cena nel motel, Marion va a farsi una doccia nella sua camera, ma mentre è intenta a lavarsi, un personaggio misterioso, che sembra vestire abiti femminili, uccide brutalmente la donna a coltellate. E' stato Norman o la madre a trucidare la povera donna? Vedendo il film fino al suo straordinario epilogo, non solo vengono insinuati i dubbi più profondi nella pur evidente legittimità di questa domanda, ma viene minata nelle sue fondamenta la convinzione della razionalità della psiche umana. 
Questa operazione è resa possibile da Hitchcock, grazie all'evidente costruzione narrativa fondata sulla suspense, l'arte di saper tenere continuamente in tensione (come ''sospesi'' appunto) gli spettatori, mantenendo per tutta la narrazione una forte sensazione di inquietudine e insicurezza; il regista utilizza vari espedienti per realizzare tutto ciò. In Psyco, la suspense raggiunge l'apice. Sembra infatti, che tutte le informazioni per risolvere il caso siano state svelate allo spettatore, e nonostante sia effettivamente così, non si può avere la certezza assoluta che l'assassino sia la madre o sia il figlio Norman. Sicuramente uno dei punti forti del film è il fatto che esso si basi su un continuo inganno che viene perpetrato ''a danno'' degli spettatori. Da un lato, sembra sia chiaro che l'assassino sia la madre: l'assassino indossa abiti femminili e Norman arriva sulla scena del primo delitto con aria sconvolta, non sapendo niente dell'omicidio della donna, e quindi cerca di occultare tutta la scena del delitto per proteggere la madre che rischia di essere scoperta; ma da un altro punto di vista, la figura di Norman è troppo ambigua e bizzarra, dal comportamento a tratti scostante e al contempo mite, una contraddizione vivente. Egli è estremamente attaccato alla madre che lo opprime, non sembra avere alcun amico, la sua unica passione (se si può definire tale) è impagliare uccelli. D'altronde, chi conosce un po' lo stile di Hitchcock, sa che il regista britannico amava rappresentare personaggi moralmente e psicologicamente ambigui, cercando anche di creare una parziale o totale identificazione fra quei personaggi e lo spettatore. Un'altra strategia che Hitchcock utilizza per ''giocare'' con lo spettatore, ingannarlo, dargli delle impressioni e delle informazioni fuorvianti, è lo stratagemma del MacGuffin. Questo stratagemma è un semplice espediente che non ha una vera importanza nella trama del film, ma che costituisce la parte iniziale di esso, è il pretesto narrativo per condurre la storia verso quello che sarà il vero intreccio. Infatti, in Psyco, il MacGuffin è costituito dalla valigia con i 40 mila dollari rubati dalla segretaria Marion. In seguito diverrà evidente che il furto, la fuga della donna e la stessa valigetta con i soldi erano solo gli elementi di un unico procedimento, un semplice pretesto che doveva condurre Marion al motel dei Bates, la pecora nella tana del lupo. L'iniziale interesse per il destino della valigetta con i 40 mila dollari sarà completamente accantonato a favore della  vicenda vera e propria, cioè gli efferati omicidi compiuti nel Bates Motel. Come affermava Francois Truffaut (1932-1984), regista e principale esperto del cinema hitchcockiano, in fin dei conti il MacGuffin ''non è niente'' . Oltre agli straordinari stratagemmi per ottenere la vera suspense, si deve sottolineare il carattere fondamentalmente psicanalitico del film. Il protagonista Norman soffre di un attaccamento patologico, di una gelosia eccessiva nei confronti della figura della madre: il complesso di Edipo freudiano, come d'altronde il tema dell'inconscio in generale rimase sempre un'ossessione per Hitchcock. Psyco rimane ancora oggi così attuale proprio grazie a queste suggestioni e ambiguità che affascinano lo spettatore: un film intriso di una insana necrofilia, che mette in luce la tematica attualissima del travestitismo, e che analizza un caso di sdoppiamento, o ,sarebbe meglio dire, sovrapposizione di identità. Ma l'elemento di straordinaria originalità artistica di questo film, e ancora oggi oggetto di studio, rimane sicuramente lo stile della regia, cui si aggiunge la straordinaria tecnica di montaggio. La prova di ciò risulta evidente in alcune scene del film, ormai leggendarie. Come non citare la celebre scena dell'omicidio nella doccia: occorsero 72 posizioni della cinepresa, per realizzare questa scena di brutale accoltellamento di 22 secondi in cui sono compresse, grazie ad un serratissimo montaggio, 35 inquadrature del coltello che si scaglia contro Janet Leigh, senza che si veda mai l'arma che si conficca nel suo corpo. Come in ogni film di Hitchcock, la cinepresa è un vero e proprio personaggio ''invisibile'': l'uso straordinario della soggettiva permette l'immedesimazione dello spettatore con il protagonista Norman, con la sua visione distorta e malata della realtà. Nella scena in cui Norman arriva sulla scena del delitto, proprio questa tecnica alternata ad un primo piano, dà l'impressione che Norman sia stato all'oscuro sino a quel momento dell'assassinio avvenuto: si attua un processo di straniamento dalla verità dei fatti, che, nonostante tutto, non si presenterà come qualcosa di totalmente spiegabile razionalmente, restando sempre sul piano dell'ambiguità. All'epoca, alcuni critici mostrarono un certo disappunto per il disimpegno intellettuale di Hitchcock in questo film, che appariva come un esercizio di stile fine a se stesso. Ma, proprio questo aspetto di Psyco, concepito come opera di cinema puro, di ''arte per l'arte'', fine a se stessa e senza scopi di altro genere (morale, sociale, etc) se non quello di far provare la più pura e spontanea suspense attraverso il semplice susseguirsi di immagini, appare,oggi come allora, come un vero trionfo per la settima arte. Il successo del film fu garantito anche dalla magistrale interpretazione di Anthony Perkins, che impersonò il nevrotico Norman Bates con una tale intensità e immedesimazione, da essere consacrato come il ''pazzo'' più famoso della storia del cinema, restando imprigionato per il resto della carriera in questo tipo di ruolo. La colonna sonora incalzante di Bernard Hermann è un altro punto forte del film, l'ennesimo marchio di fabbrica che rende immortale quest'opera. Con Psyco, nel 1960, Hitchcock ottenne il più grande successo commerciale della carriera, incassando 50 milioni di dollari, mentre il film era stato girato con un budget di 800 mila.
L'influenza di Psyco sulla stragrande maggioranza di autori di film horror continua da 50 anni a questa parte: in film come Profondo Rosso (1975) di Dario Argento, La Casa (1981) di S. Raimi, la saga di Scream di W. Craven, Seven (1995) di D. Fincher , gli horror di Carpenter e molti altri, appare palese l'ispirazione tratta dallo stile e dalle tematiche hitchcockiane di Psyco. Anche per questa ragione, il film è un classico imprescindibile, come classica è ormai l'intera filmografia di Alfred Hitchcock.


di Andrea Raciti


VOTO: *****

Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Joseph Stefano
Produzione: Shamley Productions
Interpreti Principali: Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin
Genere: thriller, horror, giallo
Anno: 1960


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