Nymphomaniac: il (non) porno di Von Trier



















di Andrea Raciti


In realtà non c'è molto da dire su questo frutto dell'eclettismo e della genialità perversa del cineasta danese più famoso degli ultimi anni. Pubblicizzare questo film come un'opera pornografica ''di qualità'' è stata una spudorata menzogna, che è stata parzialmente attenuata dal fatto che i produttori e il regista hanno annunciato che la versione uscita quest'anno è censurata in moltissime parti, per cui la versione ''director's cut'', munita di altre scene con attori hard professionisti uscirà successivamente a quanto si dice . Ma a parte questo, la menzogna a fini pubblicitari sulla natura del film rimane. In realtà si tratta di un ''ordinario'' film di Von Trier che per la pesantezza narrativa che lo caratterizza può risultare avulso allo spettatore medio, attirato in sala solo perchè si è fantasticato in giro di un porno ''totale'' realizzato da un regista nordico un po' psicopatico. La divisione in due parti è stata un'ulteriore offesa al film che, per essere apprezzato pienamente al cinema, va visto integralmente. Detto questo, a parere di chi scrive, Nymph()maniac nel suo complesso è un ottimo film, migliore anche dei precedenti Melancholia e Antychrist. Ciò che lo rende un film più che discreto è dato da tutti gli elementi che non lo rendono affatto un porno. Senza rivelare nulla sulla trama, questo film non rappresenta una serie di scene di sesso fine a se stesse, non c'è una mera rappresentazione del sesso per dare allo spettatore un piacere senza un messaggio, una finalità che non vada oltre il piacere stesso: anzi, di piacere non ce n'è per niente. Il film è quasi una seduta psichiatrica, in cui i fatti narrati vengono trattati come una patologia psico-fisica abnorme, sovrastati da sensi di colpa immani e guardati con un senso morale tanto pervasivo da diventare anche urtante, pesante, ma indispensabile al messaggio che l'autore vuole trasmettere. Se si guarda alla materialità delle scene, sono pochissime, nelle due parti in cui il film è diviso, quelle non simulate, ma su tutte incombe sempre lo spettro dell'analisi morale,psicologica e addirittura teologico-metafisica di tutto quanto viene raccontato dalla protagonista del film, volendo tralasciare i momenti in cui si trovano anche strane analogie matematiche! Le rarissime scene erotiche non simulate si perdono e si annullano in questo contesto molto macchinoso,facendo capire dopo la prima mezz'ora che di porno, naturalmente, non ce n'è traccia. Invece si tratta di un altro grande film drammatico, non un capolavoro, di Von Trier, in cui la fanno da padrone la regia non tradizionale, con la telecamera a spalla che rende le inquadrature mobili, alcuni grandi interpreti e soprattutto la fusione magnifica di immagini e colonna sonora (dai Rammestein a Bach) che dà una carica evocativa non indifferente, come in quasi tutti i film del danese. 
Avendo sgombrato il campo dalle idiozie pubblicitarie sul presunto porno, alimentate (furbescamente) anche dal regista in parte, il giudizio sul film è complessivamente positivo.

Voto: ****



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